La meravigliosa cretinata No Vax
Il mondo moderno, con le sue continue innovazioni che aiutano e allo stesso tempo sconvolgono la nostra vita, con la sua continua “distruzione creatrice”, è come un tapis roulant che non si ferma mai e ci costringe a correre alla sua velocità. Ma tutti, ogni tanto, vorremmo scendere. Anzi dobbiamo farlo, se vogliamo conservare un po’ di serenità mentale. Il problema è dove ci ritagliamo il nostro angolo di libertà di scelta. Dove scegliamo di fare le nostre più o meno irrazionali cretinate. Quelle che possono rendere la nostra vita più ricca, o ci spingono a compiere scelte che possono danneggiare noi stessi e gli altri. Come quella No Vax, appunto. E la differenza fra le prime e le seconde la fa la consapevolezza o meno del perché lo stiamo facendo. È quindi arrivato il momento di dedicare a questo perché l’attenzione che merita.

Nel 2010 Kevin Kelly, autore e vero filosofo dell’innovazione, ha scritto uno dei libri più illuminanti che mi siano capitati per le mani: What technology wants, cosa vuole la tecnologia. Secondo Kelly, ogni invenzione è inevitabile. Una volta che le conoscenze e le tecnologie necessarie per arrivarci ci sono, presto qualcuno la inventerà. Se ad esempio Edison fosse morto prima di inventare la lampadina, almeno altri ventitrè l’avrebbero inventata di lì a poco: tante erano le versioni di lampadina in corso di perfezionamento negli stessi anni. Una anche in Italia, quella del torinese Alessandro Cruto, che si accese cinque mesi dopo quella di Edison. Questo vuol dire che, quando le condizioni ci sono, la tecnologia in un certo senso si inventa da sola. Tanto più facilmente oggi, che le conoscenze e le tecnologie per arrivarci sono subito alla portata di tutti. E una volta che qualcosa di migliore è stato inventato, è difficile che non venga anche adottato, perché è più efficace, pratico o economico di quello che si usava prima. Così un’invenzione tira l’altra, sempre più in fretta, innescando cambiamenti a cascata anche nelle abitudini, nel lavoro, nei ritmi di vita, nei rapporti sociali. E a noi non resta che adeguarci.
Kevin Kelly ha dato anche un nome a questo futuro che ha acquisito ormai una vita tutta sua, ed è potente ormai come una forza della natura: Technium.

Fermate il mondo! Voglio scendere.
La nostra mente però non si è evoluta per gestire tutti questi cambiamenti, perché il futuro così come noi lo conosciamo è nato solo intorno alla metà dell’Ottocento, con la Rivoluzione Industriale. Prima i cambiamenti erano lentissimi, quasi impercettibili da una generazione all’altra. E prima dell’invenzione dell’agricoltura, lungo le decine di migliaia di anni in cui la nostra mente si è plasmata, il cambiamento di fatto non esisteva. La nostra mente è anzi piuttosto conservatrice, perché una serie di bias cognitivi la portano a preferire sistematicamente il vecchio al nuovo. È quasi un miracolo se il futuro siamo riusciti a inventarlo e a conviverci in fondo così bene. Ma chi di noi non ha mai sentito il bisogno di fermarsi, di dire di no a qualcosa che ci sembra davvero troppo nuovo?
Dal Romanticismo all’Ambientalismo, di rivolte collettive contro il mondo moderno ce ne sono state diverse, anche per qualche buona ragione. Ma esistono anche le rivolte personali, che ci spingono a recuperare almeno un pezzetto della nostra libertà di scelta, per poter dire la nostra almeno una volta. E lo facciamo soprattutto in due ambiti che la società ci riconosce.
Almeno qui comando io
Il primo ambito è il cibo: ciascuno di noi è libero di mangiare quello che preferisce. Se voglio mangiare solo carne, oppure diventare vegano, o crudista, o pescetariano, la scelta è solo mia. Mi perdoni chi ha fatto scelte di questo tipo, che non possono naturalmente essere ricondotte a spiegazioni troppo semplici, ma credo che molti, sentendo di aver perso molta della propria capacità di scelta, si ritagliano uno spazio in cui sentire di avere il pieno controllo proprio a tavola. In sé, è una cosa che toglie stress e per questo può fare anche molto bene.
Il secondo ambito in cui sentiamo di poterlo fare è la cura del nostro corpo. Nella maggior parte dei casi, soprattutto se siamo ammalati, ci rinunciamo e ci mettiamo nelle mani del medico (se il malanno è lieve, anche quelle dell’omeopata). Ma se ci sentiamo bene, e l’intervento medico serve a difenderci da un pericolo incerto, come un vaccino da una malattia infettiva che potremmo anche non prendere mai, è solo naturale, è solo umano se tante persone quello spazio di libertà se lo prendano proprio qui, e si arrabbino da morire se qualcuno cerca di togliere loro il diritto di farlo. Più parlo con persone che rifiutano il vaccino o il Green Pass, più mi convinco la loro è in realtà una personale rivolta contro “il Sistema”, più che un rifiuto del farmaco. Non a caso, politicamente, quella No Vax tende a essere una scelta di persone e movimenti di estrema sinistra o di estrema destra.
Scegliere con cura le proprie cretinate
La loro è una rivolta che umanamente capisco benissimo, perché anch’io ho la mia. Un giorno alla settimana infatti me ne vado in montagna, spesso anche da solo, magari d’inverno, per stare nella natura. Anche se non è una cosa saggia da fare. Però uno dei momenti di più grande gioia negli ultimi anni l’ho vissuto durante una camminata solitaria nel deserto del Negev, su una cima fuori dalla grazia di Dio. Una irrazionalissima cretinata? Può darsi. Sto allora cercando di giustificare chi rifiuta il vaccino? No, perché bisogna scegliere con cura le proprie cretinate. E soprattutto bisogna essere consapevoli che sono cretinate. Questo è il punto. Se riesco a tenerlo presente, mi rendo anche conto di quando arriva il momento di lasciar perdere. Se in montagna il tempo si guasta, o c’è un passaggio pericoloso, torno indietro. Nello zaino ho sempre il necessario per sopravvivere a una notte all’aperto. Posso accettare di correre qualche rischio io, ma non lo farei mai correre agli altri.
I problemi nascono quando penso che una cretinata – sia pure una meravigliosa cretinata – sia invece una cosa seria. Allora non capisco quando è il momento di fermarmi, razionalizzo la mia scelta convincendomi di qualsiasi fesseria, e cerco anzi di convincere quante più persone possibile. Insomma, la cronaca di queste settimane fra No Vax e No Green Pass.
Una volta nella vita sì
È difficile convincere un No Vax proprio perché sente che sta facendo una delle cose più intelligenti e nobili della sua vita. Finalmente si sente padrone di se stesso, quindi si sente benissimo: la sua non può sembrargli altro che la scelta giusta. E di fronte a un sentimento, i dati della scienza sono poca cosa.
Una volta, in Tanzania, ho fatto una lunga traversata a piedi nella savana, con la sola compagnia, guida e scorta di un ragazzino di tredici anni armato di arco e frecce avvelenate. Andarsene in giro così non si fa MAI nella savana, perché puoi sempre incontrare un leopardo, un branco di iene o un mamba nero. Ma quel giorno mi è stata data la chance, e l’ho colta. Una pazzia? Sì, e sono felice di averla fatta. E chi non ne ha mai fatte nella vita, non imparerà mai a vivere. Ma non so se la farei di nuovo.